martedì 20 settembre 2011

Laudati indagato

ROMA – Il procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Lecce con l’ipotesi di abuso di ufficio dopo che i magistrati del capoluogo salentino, insieme ai colleghi napoletani che indagano sulla presunta estorsione ai danni di Silvio Berlusconi, hanno raccolto nei giorni scorsi la deposizione dei pm che si sono occupati dell’inchiesta barese sulle escort procurate da Gianpaolo Tarantini al presidente del Consiglio.

«Abbiamo la consegna rigidissima del più stretto riserbo, siamo impegnati ad ascoltare intercettazioni e a cercare verifiche e riscontri». È tutto quanto dice ai giornalisti che lo interpellano il procuratore aggiunto di Lecce Antonio De Donno a proposito della notizia - che egli «non conferma e non smentisce» – dell’iscrizione nel registro degli indagati del procuratore di Bari, Antonio Laudati, in relazione alle accuse mossegli dall’ex pm barese Giuseppe Scelsi su presunti ritardi nella conclusione dell’inchiesta escort gestito dall’imprenditore Gianpaolo Tarantini.

De Donno è il titolare del fascicolo aperto a Lecce - competente ad indagare per questioni che riguardano i magistrati della corte di appello di Bari – sulla base della documentazione inviata dalla procura di Napoli e delle intercettazioni di conversazioni tra l’ex imprenditore barese Giancarlo Tarantini e il direttore dell’Avanti Valter Lavitola.

ORE 14:25 - LE ACCUSE PER LAUDATI: ABUSO D'UFFICIO E FAVOREGGIAMENTOAbuso d’ufficio e favoreggiamento: sarebbero queste – secondo quanto si apprende – le ipotesi di reato per cui la procura di Lecce sta indagando sul procuratore di Bari, Antonio Laudati. La conferma dell’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex capo degli affari penali del ministero della Giustizia sarebbe contenuta in alcune carte inviate al Csm dai magistrati salentini che stanno verificando se Laudati abbia agito o meno per rallentare la chiusura delle indagini sulle escort portate da Gianpaolo Tarantini nelle residenze del premier Silvio Berlusconi.

Gli atti della procura di Lecce andranno all’esame sia dell’ufficio di presidenza del Csm (di cui fa peraltro parte il procuratore generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, titolare dell’azione disciplinare assieme al ministro della Giustizia) sia della prima commissione di Palazzo dei Marescialli, che vaglia i casi di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale e che giovedì prossimo ascolterà lo stesso Laudati.

ORE 15:44 - VIOLENZA PRIVATA CONTRO SCELSISono tre le ipotesi di reato per le quali il procuratore capo di Bari, Antonio Laudati, è indagato dai pm Lecce: all’ex capo degli affari penali del ministero della Giustizia, oltre all’abuso d’ufficio e al favoreggiamento per il presunto tentativo di rallentare la chiusura delle indagini sulle escort portate da Gianpaolo Tarantini nelle residenze del premier Silvio Berlusconi, verrebbe contestata anche la tentata violenza privata. Ipotesi quest’ultima che - secondo quanto si è appreso – sarebbe da riferirsi ai danni di Giuseppe Scelsi, l’ex pm di Bari che con un esposto al Csm ha denunciato irregolarità da parte di Laudati nella gestione del fascicolo 'escort'.

Scelsi è stato ascoltato ieri dalla prima commissione del Csm, competente al trasferimento d’ufficio dei magistrati per incompatibilità ambientale. Giovedì sarà invece la volta di Laudati fare dichiarazioni spontanee a Palazzo dei Marescialli. In teoria il procuratore capo di Bari potrebbe anche non presentarsi, tenuto conto dell’inchiesta penale a suo carico avviata dalla procura di Lecce. Ma, al momento, la sua presenza verrebbe data per confermata.

ORE 15:53 - L'ACCUSA DI SCELSI: «FU FATTA UNA INDAGINE PARALLELA»Il procuratore della Repubblica di Bari, Antonio Laudati, avrebbe avviato un’indagine parallela sull'inchiesta che il suo sostituto, Giuseppe Scelsi, stava conducendo sulle escort che Gianpaolo Tarantini aveva portato nelle residenze private del premier Silvio Berlusconi. Lo avrebbe detto il pm Scelsi nel corso dell’audizione di ieri davanti alla prima commissione del Consiglio superiore della magistratura.
Gli accertamenti paralleli – a quanto avrebbe riferito Scelsi al Csm – sarebbero stati svolti da militari della Guardia di Finanza ritenuti vicini a Laudati e al suo ufficio. L'inchiesta coordinata da Scelsi è sempre stata affidata a investigatori del nucleo di polizia tributaria delle fiamme gialle di Bari, anche dopo che Laudati affiancò a Scelsi i colleghi Eugenia Pontassuglia e Ciro Angelillis, che l’hanno portata a termine nei giorni scorsi facendo notificare otto avvisi di conclusione delle indagini.

ORE 18:33 - SCELSI: LAUDATI MI CHIESE DI FERMARE TARANTINI«Laudati mi chiamò e mi disse che bisognava 'fermare' Tarantini perchè si trattava di una mina vagante ed era necessario controllarlo e controllare quello che avrebbe potuto dire, così facendo riferimento all’esigenza cautelare del pericolo di inquinamento probatorio». Lo riferisce l’ex pm di Bari Giuseppe Scelsi, titolare dell’inchiesta sulle escort, ascoltato dai pm di Napoli e di Lecce.
L'invito di Laudati al suo sostituto avvenne quando furono pubblicate dichiarazioni di Tarantini che «minacciava che, qualora fosse stato arrestato, avrebbe trascinato con sè tutti quelli che, nonostante i pregressi rapporti con lui, oggi dichiaravano di non conoscerlo». Scelsi ha ricordato che pochi giorni dopo emise effettivamente un decreto di fermo per traffico di stupefacenti nei confronti dell’imprenditore, provvedimento non convalidato però dal gip.

ORE 18:49 - LA PROSTITUZIONE? NON E' REATOIl procuratore di Bari Antonio Laudati non condivideva l’ipotesi di reati in materia di prostituzione in relazione all’inchiesta sulle escort. Lo ha riferito l’ex pm di Bari Giuseppe Scelsi ai magistrati delle procura di Napoli e di Lecce. Scelsi ricorda che Laudati dopo qualche tempo gli affiancò i colleghi Eugenia Pontassuglia e Ciro Angelillis. «Subito dopo la coassegnazione – dice Scelsi – il dott. Angelillis prospettò l'ipotesi dell’impossibilità di configurare reati in materia di prostituzione giusta il risultato di una sua ricerca giurisprudenziale.

L’orientamento del collega corrispondeva a quello del procuratore Laudati, perchè so che quest’ultimo aveva manifestato le sue perplessità sulla possibilità di configurare quei reati riferendone, per quel che ne so e se non ricordo male, al presidente del Tribunale di Bari dott. Savino, al procuratore generale presso la corte d’appello dottor Pizzi e forse al presidente della stessa corte, perchè quest’ultimo nel suo discorso inaugurale del gennaio 2010, secondo quanto riportato dalle cronache giornalistiche, aveva fatto riferimento ad una spesa rilevantissima della procura della Repubblica di Bari per intercettazioni relative a fatti non costituenti reato. Le perplessità del dottor Angelillis furono rappresentate anche alla collega Pontassuglia, ma sia io che lei ritenemmo necessario approfondire il tema attendendo di avere il quadro completo dell’indagine».

ORE 19:05 - SCELSI: PM ANGELILLIS INSISTEVA SU COMPLOTTO DI D'ALEMAIl pm di Bari Ciro Angelillis, nel secondo interrogatorio di Gianpaolo Tarantini nell’ambito dell’inchiesta sulle escort, «introdusse l’argomento del complotto mediatico-politico-giudiziario chiedendo a Tarantini notizie sulla presenza di D’Alema in Sardegna e sugli eventuali suoi incontri con Tarantini nella stessa estate in cui quest’ultimo aveva iniziato a frequentare Villa Certosa». Lo afferma l’ex pm di Bari Giuseppe Scelsi durante la testimonianza davanti ai pm di Napoli e di Lecce.

«Tarantini – dichiara Scelsi – escluse tale circostanza, rispondendo che era inutile che si continuasse a chiedergli di dichiarare cose che non rispondevano al vero. Ricordo che già nel precedente interrogatorio Angelillis aveva chiesto a Tarantini di riferire sui suoi rapporti con Roberto De Santis e Tarantini aveva dichiarato di essersi rivolto dopo le perquisizioni a De Santis chiedendogli di attivarsi presso qualche politico presumibilmente vicino ai magistrati. A detta dello stesso Tarantini, De Santis non aveva mai dato risposta a quella richiesta. Quando nel successivo interrogatorio Tarantini sbottò di smetterla con quelle continue richieste sul complotto mediatico-politico-giudiziario, facendo implicito riferimento ad ipotesi ricostruttive che nessuno di noi aveva in precedenza formulato, io mi rivolsi all’avvocato Quaranta con sguardo interrogativo e con un significativo gesto della mano per chiedergli a chi si riferisse Tarantini; Quaranta articolò con le labbra un nome che io non compresi. Risentito per l’evidente intromissione da parte di altri nella programmazione degli argomenti da chiedere a Tarantini, mi alzai adirato e uscii dalla stanza sbattendo la porta».

ORE 19:31 - «LAUDATI A BARI PER CONTO DEL MINISTRO»Quando nel 2009 si verificò una fuga di notizie su Patrizia D’Addario e l’inchiesta sulle escort, Antonio Laudati, da poco nominato procuratore di Bari e non ancora insediatosi, contattò il pm Giuseppe Scelsi e gli riferì che a Roma si era sparsa la voce che la violazione del segreto fosse attribuibile allo stesso Scelsi. Lo riferisce l’ex pm Scelsi ai pubblici ministeri di Napoli e di Lecce durante l'interrogatorio in qualità di testimone del 17 settembre scorso. A tale prospettazione, Scelsi rispose che “non avrebbe avuto alcun interesse a danneggiare l’indagine con improvvide rivelazioni” e fece presente a Laudati che aveva “avuto richieste di informazioni da parte dell’on. Alberto Maritati, vicino all’ambiente dell’on. D’Alema e che aveva “categoricamente rifiutato di dare notizie come tra l’altro risultava da alcune conversazioni intercettate sull'utenza di Roberto De Santis, persona assai vicina a D’Alema e suo compagno di barca”. Nei giorni successivi, durante la cerimonia per la festa della Guardia di Finanza, ci fu una riunione tra Laudati, Scelsi e alcuni ufficiali della Finanza, tra cui il generale Vito Bardi, ex comandante interregionale delle Fiamme Gialle, indagato a Napoli nell’ambito dell’inchiesta sulla P4 per rivelazione di segreto.

“Laudati – dice Scelsi – fece un discorso molto chiaro dicendo che era molto amico del ministro della Giustizia, che 'gli aveva concesso l’onore del tù, e che in virtù di questa amicizia aveva garantito per me così impedendo l’avvio dell’attività ispettiva sul mio operato. Aggiunse che era stato mandato a Bari per conto del ministro della Giustizia e che era necessario costituire un organo che sovraintendesse alle indagini in corso, in particolare a quelle sulla vicenda Tarantini. Precisò che era abituato a portare a casa un risultato dalle riunioni cui partecipava. Ricordo che nell’occasione il gen. Bardi si lamentò vivacemente con il col. D’Alfonso per non essere stato da lui informato sull'andamento delle indagini su Tarantini: il tono era particolarmente duro e creò un clima di forte intimidazione nei confronti di ufficiali e sottufficiali della Guardia di Finanza. Ritenni di intervenire a favore di D’Alfonso dicendo, come in realtà era accaduto, che lo stesso D’Alfonso, come responsabile delle indagini delegategli quale comandante del Nucleo di Polizia Tributaria, aveva solo rispettato le disposizioni di procedura penale e le mie specifiche direttive di assoluta riservatezza anche all’interno della scala gerarchica del corpo”.

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