giovedì 22 settembre 2011

“I massoni non sono incompatibili col PD”

Non è che sia chiarissimo: i massoni possono iscriversi al PD purché lo dicano prima e illustrino dettagliatamente le attività della propria loggia. Il tutto, però, ancora senza parlare mai esplicitamente di massoneria. La commissione di garanzia risulta infatti essersi riunita per discutere genericamente della “questione della iscrizione ad altre associazioni da parte di chi intende aderire al Pd” e il verdetto finale “ha deliberato di richiedere a chiunque voglia aderire al Pd di dichiarare preventivamente a quali altre associazioni sia iscritto”. Va da sé quindi che la norma vada intesa vincolante per tutte le associazioni a cui è iscritta una persona che vuole aderire al PD: tutti dovranno comunicare le loro iscrizioni, produrre documentazione e statuto, descriverne le finalità.
«L’obbligo di dichiarazione preventiva vale per tutte le associazioni, bocciofila, massoneria o Opus dei che sia. È una delibera contro tutte le organizzazioni segrete o riservate — spiega Berlinguer — e contro un male tipicamente italiano, la raccomandazione».
Lo spirito della sentenza – che accomuna la massoneria a qualsiasi altra associazione, anche non segreta – è tale da rendere piuttosto soddisfatto Aldo Gabrielli, l’assessore di Ancona promotore del ricorso: “Il Pd non discrimina la massoneria rispetto ad altre associazioni e questo è un fatto importante”. Lo stesso Berlinguer però poi commenta così, quando gli si chiede di descrivere gli effetti della decisione.
«Spero che questa operazione di trasparenza serva a stanare ancora qualche massone…»
Insomma, questi massoni sono delle persone da “stanare”, come dei criminali da far venire allo scoperto, o delle persone iscritte a un’associazione come tutte le altre, come la bocciofila, legittimamente purché non sia segreta? Non si capisce, e infatti – tanto per cambiare – nel PD non mancano le critiche e i rilievi, raccolti dal Corriere della Sera.
Il senatore Lucio D’Ubaldo guarda con invidia alle norme della Lega: «Spiace dirlo, ma Bossi è più chiaro. La commissione di Garanzia non mette un punto fermo». E Beppe Fioroni critica il «metodo dell’inversione della prova», come lo chiama il responsabile Welfare. «No, non sono per niente soddisfatto… La decisione dimostra, come coerentemente aveva detto Berlinguer, che nel Pd su questi temi ci sono sensibilità diverse. Questi nodi non deve scioglierli la pur encomiabile commissione, ma la politica». Dove la «politica», nel Fioroni—pensiero, è il leader del Pd, Bersani.

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