Pochi temi ambientalistici scaldano un luglio 2011 già ecologicamente bollente (pensiate solo all’affaire Spigolino) quanto la questione di Porto Miggiano e del suo spaventoso, enormeAugustus Resort. Di Augustus Resort (tutt’altro che risorto, l’imperatore; possiamo farcene una ragione; anzi più morto che mai, in questo mausoleo dello spirito di grandezza fuori luogo) non parlano solo gli habitué di Santa Cesarea, i cui tragitti notturni sono inquinati dai raggi luminosi emessi dalla struttura, neanche fosse un nuovo nascondiglio di Batman, come se non bastasse quanto è brutta di giorno.
Ma ne parlano e con sempre più veemenza anche le associazioni ambientaliste e, non per ultimi, proprio i geologi, come Francesco Kowoll:
Due sono le cose, a Porto Miggiano, dopo i crolli dello scorso anno e dopo quelli che stanno continuando ad avvenire nella zona: o la zona non è in sicurezza – e dunque non si sono disposte le necessarie misure, come reti, tiranti e paramassi – oppure il sito è considerato sicuro, previa documentazione fornita da un geologo. Che si sta prendendo una bella responsabilità, non c’è che dire. La roccia calcarea o calcarenitica, di cui è fatto quel crostone paesaggisticamente stupendo, ha buone caratteristiche di resistenza geomeccanica. Ma se fratturate (come è già avvenuto nella spiaggetta sottostante il Resort, che infatti è chiusa al pubblico) si possono verificare ulteriori fenomeni di crollo o di distacco.
I manifestanti dei sit-in di protesta parlano un linguaggio più accorato di un tecnico, pur indignato, come il dottor Kowoll (salentino e profondo amante del mare, nonostante il cognome di origine non messapica), perché avvertono meno distaccatamente e più passionalmente che una parte del Salento che hanno amato e che vorrebbero continuare ad amare sta colando a picco, come se si fosse scontrata contro un pericolo più freddo del più infido iceberg da transatlantico disgraziato: il business turistico della – respiro profondo – sharmelsheikificazione di un tratto fondamentale di costa adriatica.
L’aggressione immorale dei massacratori di paesaggio mossi da un bieco spirito affaristico e supportati da una politica miope e collusa dimostrano tutta la loro arrogante foga devastando santuari di natura imponendo il loro sacrilego e mortifero cemento a danno di tutti i cittadini dei loro inalienabili e importantissimi Beni Comuni e patrimonio paesaggistico in barba alla Carta Costituzionale e a qualsiasi disposizione di tutela e salvaguardia di un bene naturalistico, paesaggistico, ambientale di immenso valore.
I membri del Comitato di tutela per Porto Miggiano, che hanno indetto il prossimo sit-in nei pressi dell’Augustus per le 18.30 di sabato 30, si sono costituiti in un gruppo su Facebook che, per inciso, è uno dei modi più intelligenti di sfruttare le nuove funzioni dei gruppi di discussione sul social network. Strumenti potenti ma lasciati per ora, soprattutto in Salento, soprattutto d’estate, nelle mani dei soliti noti sciacalli delle riduzioni da discoteca dalle ridotte capacità comunicative.
L’appuntamento è dunque per sabato alle 18.30. Non basta scrivere in massa, come hanno fatto e stanno facendo i ragazzi del Forum Ambiente e Salute, al sindaco di Santa Cesarea, l’ingegner [sic] Daniele Cretì, chiedendo spiegazioni che non saranno mai date. Occorre far sentire la propria presenza in modo più diretto ed efficace, mobilitandosi per contrastare la peggiore speculazione edilizia che la costa salentina orientale abbia conosciuto in molti anni e forse da sempre. Un’indignazione che non può fermarsi davanti a due delle più dolorosesentenze che si ricordi siano state emesse dal Tar di Lecce e cui non sono bastati i precedenti no della Regione Puglia prima e della Soprintendenza poi. E dei salentini non immischiati negli affari di questo mostro da 15 ettari, 536 unità abitative, 40 milioni di euro.
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